Le parole, dice il proverbio, sono pietre: ecco perché vanno scelte con estrema attenzione. Anche e soprattutto quando dobbiamo chiedere scusa a qualcuno.
Porgere le proprie scuse è qualcosa che può farci sentire a disagio, perché ci mette in una posizione di vulnerabilità. Cosa succede se ammetti l’errore e l’altra persona coglie l’occasione per infierire? Cosa succede se le tue scuse ti espongono alla vergogna pubblica? Cosa succede se sei costretto a vedere qualcosa di te stesso che non volevi vedere?
Diciamo subito che imparare a porgere scuse autentiche può fare miracoli per te stesso e per l’altra persona. David Glasgow e Kenji Yoshino, docenti universitari, direttori del Meltzer Center for Diversity, Inclusion, and Belonging, esperti di comunicazione e co-autori del libro “Say the Right Thing: How to Talk about Identity, Diversity, and Justice”, hanno scoperto che le persone che sono brave a dire “scusa” evitano due parole: “se” e “ma”.
Vediamo perché certe parole ci fanno sembrare falsi e insinceri.
1. Utilizzo di “se”: mancato riconoscimento del danno causato.
Quando usi “se” per qualificare le tue scuse, stai mettendo in discussione la reazione del destinatario al torto, piuttosto che il torto stesso. Nel peggiore dei casi, “se” cerca di spostare la colpa, come a dire: “Mi dispiace se sei così strettamente ferito che non riesci a vedere che la tua reazione è esagerata”. Se non sei sicuro che qualcuno sia ferito, perché semplicemente non glielo chiedi?
2. Utilizzo di “ma”: mancata assuzione della responsabilità delle proprie azioni.
Quando porgi delle scuse che iniziano con “Mi dispiace, ma …”, non solo cerchi di sottrarti alla responsabilità, ma suggerisci anche che il danno potrebbe ripetersi. Ad esempio, se dici: “Mi dispiace, ma stavo avendo una mattinata miserabile”, l’altra persona potrebbe chiedersi se ripeterai il tuo comportamento quando avrai un’altra brutta giornata. Un’altra forma classica è: “Mi dispiace, ma non intendevo questo”.
Fornire un contesto per le tue azioni può essere più utile. A seconda di quanto sia stato grave il tuo comportamento, l’altra persona potrebbe avvertire un impatto meno negativo se apprende che stavi attraversando un periodo difficile ed eri fuori di te.
Quando sei tentato di offrire una spiegazione, la domanda migliore è se la stai offrendo per te stesso o per l’altra persona. Stai dicendo: “Per favore, scusa il mio comportamento perché non ero il vero me”, o stai dicendo: “Era il vero me, ma non l’io che aspiro ad essere”. Assicurati di conoscere la differenza.
Qui entra in gioco quella che chiamiamo la regola delle quattro R:
La sfida può richiedere tempo ed energia considerevoli. Ma c’è il potenziale per una vera crescita, comprensione e cambiamento reciproci.