Educare alla morte con un caffè è possibile secondo alcuni esperti. Ora questa singolare e profonda esperienza è disponibile anche nel nostro paese, ed ecco cosa ne pensa il noto showman Fiorello in merito.
Il caffè rappresenta per tutti un momento di pausa e condivisione. Nel nostro paese un buon espresso al bar con i colleghi o a casa in famiglia fa parte del piacere quotidiano. Che sia con una classica caffettiera moka o con una macchinetta più moderna, si tratta di una delle bevande in assoluto più diffuse. Per darci carica al mattino appena svegli, da gustare con un cioccolatino dopo pranzo, o perché no, per fare un ottimo tiramisù, il caffè è una delle cose alle quali non rinunciamo mai.
Il potere della caffeina ci aiuta ad affrontare le nostre giornate con energia e a combattere la stanchezza durante la settimana. Amaro, dolce, decaffeinato, corto, lungo, corretto, macchiato caldo o macchiato freddo, americano, al ginseng…in Italia esistono circa 40 tipi di caffè diversi. Forse pensate di conoscerli tutti. Forse. Perché da oggi è possibile gustare anche il Caffè della Morte in una delle nostre città. Attenzione, però: perché non è quello che pensate. Infatti è stato possibile bere il Caffè della Morte già in altre città, come la capitale, Mantova, Parma e Verona. Se l’iniziativa vi incuriosisce sarà possibile partecipare nel capoluogo piemontese. Sarà proprio a Torino infatti che avrà luogo la prossima iniziativa del Caffè della Morte. Ma se pensate ad una bevanda particolare e rivisitata in modo singolare vi sbagliate.
Il Caffè della Morte, o Death Cafe, è in realtà un evento pubblico no-profit che ha lo scopo di educare, sensibilizzare e rendere condivisibile l’esperienza della morte. Il fine è quello di raggiungere consapevolezza e rimuovere tabù su un argomento così spaventoso e doloroso, proprio attraverso la condivisione ed il confronto di bevendo insieme un caffè.
Il prossimo Death Café a Torino, cosa ne pensa Fiorello, il suo commento in merito all’iniziativa
L’iniziativa a Torino sarà promossa dall’Ordine degli Psicologi del Piemonte. Gli appuntamenti sono quattro. Uno si è tenuto il 30 marzo. I prossimi sono previsti per il 20 di aprile, il 25 maggio ed il 22 giugno. Si terranno nella Sala del Consiglio dell’Ordine sita in via San Quintino 44. Questi primi incontri saranno rivolti solo ad alcune figure professionali ma la speranza è quella di poter poi estendere e promuovere l’iniziativa anche ai cittadini. Per ulteriori informazioni e la modalità di partecipazione si può consultare il sito ufficiale dell’Ordine degli Psicologi del Piemonte.
Di certo poter affrontare un argomento che risulta sempre così doloroso, rendendolo quasi normale, con ironia, ci sembra davvero una buona idea. Ci aiuta a sdrammatizzare anche Fiorello, il suo commento in merito “…Prepararsi alla morte con l’aiuto degli psicologi: a Torino il primo Cafè della Morte’. La mattina vai là, ti prendi il caffè e il barista ti guarda e ti dice: ‘Devi morire, ma stai tranquillo non è niente’. Poi ti danno un bicchiere di whisky, un bicchiere di cognac…Non sono battute, è realtà. Il Cafè della Morte, andateli a trovare. Vi stanno aspettando a braccia aperte!”
Non ci resta che attendere i prossimi sviluppi in merito all’iniziativa, per poter condividere in libertà e senza tabù le nostre paure in merito ad una delle poche cose certe della vita: la morte.
Le origini del Death Cafe ed i suoi fondatori Jon Underwood e Sue Barsky Reid
Jon Underwood e Sue Barsky Reid iniziano la loro attività no profit di incontri nel 2011 ad Hackney, East London. Jon era uno studente al Jamyang Buddhist Centre e si era dedicato a più progetti sul sostegno relativamente all’esperienza della morte, ispirandosi al lavoro del sociologo e antropolgo Bernard Crettaz. Purtroppo Jon muore nel giugno del 2017 e le iniziative vengono così prese in mano da sua madre Susan Barksy Reid, psicoterapeuta certificata e sua sorella Jools Barsky.
Questi eventi hanno l’obiettivo di educare sul tema della morte, rendendolo più familiare e meno difficile da affrontare. Si cerca di aumentare quindi la consapevolezza individuale sulla vita, condividendo pensieri e paure. Il tutto coordinato da professionisti come psicologi che coadiuvano e sostengono il dialogo tra i partecipanti, bevendo un caffè insieme. Possono essere coinvolti operatori sanitari, i volontari che lavorano con associazioni o individui con difficoltà gravi ma anche semplici cittadini. Tendenzialmente il numero di partecipanti è limitato per una maggiore intimità. Sul sito ufficiale è possibile consultare una mappa su scala mondiale, di tutti i precedenti incontri, ma anche promuoversi per ospitare prossimi eventi.